LA VITA DI SAN PANTALEONE
Il Mondo di Pantaleone
Pantaleone, il cui nome primitivo, secondo gli Atti dei Martiri, era Pantaleonta (cioè in tutto simile al leone) nacque a Nicomedia città illustre della Bitinia, sede dell'Imperatore d'Oriente, vivace per fervore di studi e commercio, dai turchi arsa e distrutta nel 1326; sulle sue rovine, di cui ancora oggi sono visibili solo alcuni tratti di mura, sorse l'attuale Jzmit, una cittadina dell'odiern Turchia nord occidentale e tuttora centro importante dell'Asia Minore, fra il mar di Marmara e il mar Nero. La vita di Pantaleone fu breve ed ebbe come ambiente unico del suo svolgersi e del suo concludersi la città di Nicomedia. Nicomedia nel 70 a.C. divenne capitale della Bitinia, e poi capitale dell'Impero Romano e residenza degli Imperatori, da Diocleziano a Costantino dal 283 al 330 d.C.. San Paolo e Timoteo vi predicarono il Vangelo e la innalzarono all'onore di sede Vescovile. San Pietro nella prima lettera aveva già scritto "Pietro, apostolo di Gesù Cristo ai fedeli dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell'Asia e nella Bitinia". Questo ci dice che nella terra d'oriente e a Nicomedia la religione cristiana era ormai una presenza, non solo come ideale divita, ma anche come organizzazione ecclesiale. Dal 283 al 305 d.C. fu governata
dall'imperatore romano Caio Valerio Diocleziano che nel 285 d.C. trasferì anche lacapitale dell'impero da Roma a Nicomedia, la volle abbellire quasi per emulare Roma, facendola diventare una città illustre e grandiosa per le sue opere meravigliose. Nel 3° secolo per le mutate condizioni dell'impero, travagliato da una crisi profonda e generale, per la prima volta l'autorità romana credette di ravvisare nel Cristianesimo un presunto pericolo di minaccia per la salvezza dell'impero. Infatti nell'antichità la religione non era un fatto
esclusivamente privato, era prima di tutto un affare di stato: famiglia, società e cultura erano strettamente collegate con il politeismo (adorazione di un'infinitàdi dei creati dalla mente umana). Lo Stato romano, "in particolare" sosteneva con grande vigore il culto delle divinità pagane e non concedeva nessuna possibilità ai membri delle religioni monoteistiche (adorazione di un solo Dio) di esercitare il loro culto, perché tutti erano obbligati ad adorare le divinità di Roma. Inoltre per l'impero era centro vitale il culto dell'imperatore vivente, diffuso prima in oriente e poi diventato comune anche in occidente, ad iniziare dal tempo di Nerone. Questo culto dell'imperatore regnava in tutta la religione romana: chi lo respingeva poteva essere accusato di alto tradimento contro lo stato. Per i cristiani l'adorazione dell'Imperatore vivente venne a costituire un pericolo assai grave. Per il resto il modo di pensare e di agire dei cristiani riconosceva pienamente lo Stato Romano. Essi davano a Cesare quello che era di Cesare e a Dio quello che era di Dio,
secondo l'insegnamento di Gesù; ma il rifiuto di adorare la persona dell'Imperatore vivente li rendeva sospetti come nemici dello Stato Romano e dell'Imperatore. I vecchi dei pagani non si rassegnarono alla compagnia del Dio dei cristiani e iniziarono la lotta per radiarlo da Roma. Sparsero sul conto dei cristiani le contumelie più sinistre e incredibili, calunnie gravissime, accuse di diverse forme di superstizione, di disprezzo delle divinità romane, di causa delle pubbliche calamità. Tutto questo diede origine alle persecuzioni contro i cristiani, la prima delle quali fu inaugurata dall'Imperatore Nerone, che accusò i cristiani come responsabili dell'incendio di Roma del luglio 64. Facendo un salto in avanti arriviamo alla crudele persecuzione di Diocleziano, fortemente influenzato dal perfido genero Galerio Massimiano, il numero due dell'Impero d'Oriente, scoppiata il 23 febbraio 303, durata fino al 30 aprile 311, e detta la "grande persecuzione" contro i cristiani, la più grave e la più lunga di tutte. In questo clima di odio
e di ferocia contro i Cristiani visse la sua giovinezza Pantaleone. Incominciarono a salire al cielo i primi martiri di Nicomedia, tra i quali,fermo nella sua fede cristiana, ci fu il nostro caro Martire Pantaleone, il giovane che offrì lieto la sua giovinezza come uno dei fiori più profumati della terra. La persecuzione fu generale e atroce, come è stato tramandato da testimoni contemporanei e spesso oculari, quali: Cipriano, Eusebio, Tertulliano.
Il sangue dei seguaci di Cristo scorse a torrenti, si rese loro impossibile la vita. Furono moltissimi quelli che morirono con i più svariati tormenti, tanto che possiamo dire che la persecuzione di Diocleziano fu chiamata "l'era dei Martiri". Ricordiamo solo qualche nome: a Sebaste d'Armenia, il Vescovo medico Biagio; ad Egea nella Licia Cosma e Damiano, medici; a Roma il Papa Marcello e Sebastiano comandante di una delle corti pretoriane;
a Pozzuoli, Gennaro, Vescovo di Benevento,decapitato con sei altri compagni. Ancora più feroce fu la persecuzione in Oriente, perché qui la professione cristiana sembrò più pericolosa per l'impero. Nicomedia decadde nel IV secolo. Fu una città formata da autoctoni, greci e romani, quindi città con contrasti di abitudine di vita e di religione.
Pantaleone, il cui nome primitivo, secondo gli Atti dei Martiri, era Pantaleonta (cioè in tutto simile al leone) nacque a Nicomedia città illustre della Bitinia, sede dell'Imperatore d'Oriente, vivace per fervore di studi e commercio, dai turchi arsa e distrutta nel 1326; sulle sue rovine, di cui ancora oggi sono visibili solo alcuni tratti di mura, sorse l'attuale Jzmit, una cittadina dell'odiern Turchia nord occidentale e tuttora centro importante dell'Asia Minore, fra il mar di Marmara e il mar Nero. La vita di Pantaleone fu breve ed ebbe come ambiente unico del suo svolgersi e del suo concludersi la città di Nicomedia. Nicomedia nel 70 a.C. divenne capitale della Bitinia, e poi capitale dell'Impero Romano e residenza degli Imperatori, da Diocleziano a Costantino dal 283 al 330 d.C.. San Paolo e Timoteo vi predicarono il Vangelo e la innalzarono all'onore di sede Vescovile. San Pietro nella prima lettera aveva già scritto "Pietro, apostolo di Gesù Cristo ai fedeli dispersi nel Ponto, nella Galazia, nella Cappadocia, nell'Asia e nella Bitinia". Questo ci dice che nella terra d'oriente e a Nicomedia la religione cristiana era ormai una presenza, non solo come ideale divita, ma anche come organizzazione ecclesiale. Dal 283 al 305 d.C. fu governata
dall'imperatore romano Caio Valerio Diocleziano che nel 285 d.C. trasferì anche lacapitale dell'impero da Roma a Nicomedia, la volle abbellire quasi per emulare Roma, facendola diventare una città illustre e grandiosa per le sue opere meravigliose. Nel 3° secolo per le mutate condizioni dell'impero, travagliato da una crisi profonda e generale, per la prima volta l'autorità romana credette di ravvisare nel Cristianesimo un presunto pericolo di minaccia per la salvezza dell'impero. Infatti nell'antichità la religione non era un fatto
esclusivamente privato, era prima di tutto un affare di stato: famiglia, società e cultura erano strettamente collegate con il politeismo (adorazione di un'infinitàdi dei creati dalla mente umana). Lo Stato romano, "in particolare" sosteneva con grande vigore il culto delle divinità pagane e non concedeva nessuna possibilità ai membri delle religioni monoteistiche (adorazione di un solo Dio) di esercitare il loro culto, perché tutti erano obbligati ad adorare le divinità di Roma. Inoltre per l'impero era centro vitale il culto dell'imperatore vivente, diffuso prima in oriente e poi diventato comune anche in occidente, ad iniziare dal tempo di Nerone. Questo culto dell'imperatore regnava in tutta la religione romana: chi lo respingeva poteva essere accusato di alto tradimento contro lo stato. Per i cristiani l'adorazione dell'Imperatore vivente venne a costituire un pericolo assai grave. Per il resto il modo di pensare e di agire dei cristiani riconosceva pienamente lo Stato Romano. Essi davano a Cesare quello che era di Cesare e a Dio quello che era di Dio,
secondo l'insegnamento di Gesù; ma il rifiuto di adorare la persona dell'Imperatore vivente li rendeva sospetti come nemici dello Stato Romano e dell'Imperatore. I vecchi dei pagani non si rassegnarono alla compagnia del Dio dei cristiani e iniziarono la lotta per radiarlo da Roma. Sparsero sul conto dei cristiani le contumelie più sinistre e incredibili, calunnie gravissime, accuse di diverse forme di superstizione, di disprezzo delle divinità romane, di causa delle pubbliche calamità. Tutto questo diede origine alle persecuzioni contro i cristiani, la prima delle quali fu inaugurata dall'Imperatore Nerone, che accusò i cristiani come responsabili dell'incendio di Roma del luglio 64. Facendo un salto in avanti arriviamo alla crudele persecuzione di Diocleziano, fortemente influenzato dal perfido genero Galerio Massimiano, il numero due dell'Impero d'Oriente, scoppiata il 23 febbraio 303, durata fino al 30 aprile 311, e detta la "grande persecuzione" contro i cristiani, la più grave e la più lunga di tutte. In questo clima di odio
e di ferocia contro i Cristiani visse la sua giovinezza Pantaleone. Incominciarono a salire al cielo i primi martiri di Nicomedia, tra i quali,fermo nella sua fede cristiana, ci fu il nostro caro Martire Pantaleone, il giovane che offrì lieto la sua giovinezza come uno dei fiori più profumati della terra. La persecuzione fu generale e atroce, come è stato tramandato da testimoni contemporanei e spesso oculari, quali: Cipriano, Eusebio, Tertulliano.
Il sangue dei seguaci di Cristo scorse a torrenti, si rese loro impossibile la vita. Furono moltissimi quelli che morirono con i più svariati tormenti, tanto che possiamo dire che la persecuzione di Diocleziano fu chiamata "l'era dei Martiri". Ricordiamo solo qualche nome: a Sebaste d'Armenia, il Vescovo medico Biagio; ad Egea nella Licia Cosma e Damiano, medici; a Roma il Papa Marcello e Sebastiano comandante di una delle corti pretoriane;
a Pozzuoli, Gennaro, Vescovo di Benevento,decapitato con sei altri compagni. Ancora più feroce fu la persecuzione in Oriente, perché qui la professione cristiana sembrò più pericolosa per l'impero. Nicomedia decadde nel IV secolo. Fu una città formata da autoctoni, greci e romani, quindi città con contrasti di abitudine di vita e di religione.
La Famiglia
Pantaleone era di una famiglia socialmente di un livello elevato ed economicamente benestante; figlio di Eustorgio, senatore dello stato, persona molto facoltosa ed eminente in Nicomedia, di religione pagana. Sua madre, Eubula, invece, era cristiana, "una donna piena di fede, di idee religiose diametralmente opposte a quelle del marito"; una donna forte nella fede che non rinnegò mai per compiacenza al marito pur rimanendo sempre al suo fianco. La sua fede richiama figure nobilissime di donne consacrate dalla storia, come la madre di Sant'Agostino, di San Giovanni Bosco e di tanti altri santi; ma soprattutto richiama alla memoria la madre di Gesù, Maria, la più grande madre della fede, che all'annuncio dell'Angelo Gabriele, crede prontamente e segue la volontà di Dio. Mentre il figlio veniva educato da tale madre e maestra, ben preso restò privo del suo aiuto non solo materiale ma soprattutto spirituale. Ella infatti fu rapita da morte immatura, e Pantaleone troppo poco poté profittare della materna guida. La madre Eubula cristiana, era morta invocando Cristo certamente assistita dal figlio; la donna aveva accettato che il figlio non venisse battezzato, perché questa era stata la volontà del padre: forse il paganesimo, a giudizio del padre, offriva maggiore garanzia per l'educazione, gli studi, la professione del figlio; ma la vita cristiana la fede e le parole della madre dovevano aver lascito una nostalgia nell'animo del figlio per un ideale di vita che non era ancora il suo, ma che aveva sostenuto la vita della madre.
Gli Studi e la Professione
Eustorgio pensò di dare al figlio una buona educazione classica e professionale avviandolo allo studio della medicina, sotto la guida del celebre medico Eufrosino. Per Pantaleone ragazzo, adolescente, giovane ci fù il regolare curriculum scolastico che doveva terminare intorno ai 22-25 anni, ciò negli anni 297-302. La sua forte intelligenza gli fece raggiungere ben presto una solida competenza nella scienza medica, tanto che come afferma la Passio lo stesso Imperatore Massimiano ne fu tanto colpito da consentire che Pantaleone, benché giovanissimo e non avesse terminato il corso regolare degli studi, potesse liberamente esercitare la professione di medico. Gli studi e la professione medica, che pure avevano collocato il giovane Pantaleone in un ambito sociale elevato, con le garanzie e le prospettive che offriva la presenza nel palazzo imperiale e l'impegno dell'imperatore di far succedere Pantaleone nella carica di medico della casa imperiale quando fosse venuto a mancare Eufrosino, non potevano ancora soddisfare l'animo di questo giovane. La fama professionale e morale di Pantaleone doveva essere di pubblico dominio in Nicomedia. Pantaleone esercitava anche la sua professione medica nella città secondo una scelta ben precisa: era uno dei medici che esercitavano la professione senza compenso in denaro mentre
altri la esercitavano dietro compenso economico.
altri la esercitavano dietro compenso economico.
L' Incontro con Ermolao
L'educazione famigliare e l'ambiente sociale ricco di tanti segni cristiani avevano predisposto l'animo di Pantaleone ad avvicinarsi al Cristianesimo. La vera fortuna di Pantaleone non fu tanto quella di aver raggiunto l'ideale di esseremedico, ma quella di aver incontrato Ermolao, un santo sacerdote, che aveva formato una specie di comunità cristiana nella città. Pantaleone dialogando con Ermolao gli parlò della madre cristiana Eubula, delle lacrime da lei versate nel lasciarlo adolescente, del paganesimo del padre e della sua frequenza nella casa imperiale a contatto con il maestro pagano Eufrosino. Ermolao lo ascoltava attentamente, pensando di dissodare quel terreno aperto ancora ricolmo di dubbi, lavorando e pregando. Non era possibile che quel giovane ardito e forte, quell'intelligenza viva e consapevole si facesse guidare dalla voce del padre, chiuso nel suo paganesimo.
Questo sacerdote, in un incontro così apparentemente casuale, espresse la sua ammirazione per il giovane medico; riconobbe che questo giovane aveva solo bisogno di riascoltare con chiarezza il messaggio di Cristo e di essere sostenuto nel vincere le esitazioni interiori e le difficoltà esteriori per una adesione alla fede cristiana. Pertanto il santo sacerdote gli fece scoprire a poco a poco, attraverso la lettura e la riflessione del Vangelo, le grandi mete della santità. Le gravi e solenni verità annunziate da Cristo: "chi crederà avrà la vita eterna, chi non crederà sarà condannato"; "la vita vale più del corpo, perciò non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima"; "che giova mai all'uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l'anima", si effusero nella sua coscienza, bisognosa di luce e di certezza. Pantaleone, uomo di scienza e figlio di un pagano colto ed altolocato pur illuminato nello spirito, non accettò la nuova dottrina se non dopo lunghe riflessioni sul Vangelo. La parola del Divin Maestro "non tornò a vuoto, ma operò il prodigio che Dio si era proposto ed ottenne lo scopo per cui l'aveva mandata", fu forza interiore di nuova vitalità e di adesione a quelle verità, che Ermolao gli aveva proposto da credere. I continui, illuminanti insegnamenti di Ermolao erano accolti con amore e fede dal giovane
professionista ed erano un incoraggiamento per lui ad abbracciare la religione cristiana. La conversione di Pantaleone si andava preparando lentamente nel dialogo, nella riflessione e nella preghiera. Ermolao profuse tanto amore e particolare attenzione per l'anima grande di Pantaleone
facendone un giovane deciso a morire per Cristo. Il proposito di conversione maturato dopo prolungata riflessione, trovò incomprensione risentimento e serio ostacolo in suo padre, attaccatissimo al paganesimo. Ma nell'animo del giovinetto si squarciarono nuovi cieli, cresceva la gioia
nell'ascoltare Ermolao e il desiderio di ricevere il Santo Battesimo.
Questo sacerdote, in un incontro così apparentemente casuale, espresse la sua ammirazione per il giovane medico; riconobbe che questo giovane aveva solo bisogno di riascoltare con chiarezza il messaggio di Cristo e di essere sostenuto nel vincere le esitazioni interiori e le difficoltà esteriori per una adesione alla fede cristiana. Pertanto il santo sacerdote gli fece scoprire a poco a poco, attraverso la lettura e la riflessione del Vangelo, le grandi mete della santità. Le gravi e solenni verità annunziate da Cristo: "chi crederà avrà la vita eterna, chi non crederà sarà condannato"; "la vita vale più del corpo, perciò non temete coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima"; "che giova mai all'uomo guadagnare tutto il mondo se poi perde l'anima", si effusero nella sua coscienza, bisognosa di luce e di certezza. Pantaleone, uomo di scienza e figlio di un pagano colto ed altolocato pur illuminato nello spirito, non accettò la nuova dottrina se non dopo lunghe riflessioni sul Vangelo. La parola del Divin Maestro "non tornò a vuoto, ma operò il prodigio che Dio si era proposto ed ottenne lo scopo per cui l'aveva mandata", fu forza interiore di nuova vitalità e di adesione a quelle verità, che Ermolao gli aveva proposto da credere. I continui, illuminanti insegnamenti di Ermolao erano accolti con amore e fede dal giovane
professionista ed erano un incoraggiamento per lui ad abbracciare la religione cristiana. La conversione di Pantaleone si andava preparando lentamente nel dialogo, nella riflessione e nella preghiera. Ermolao profuse tanto amore e particolare attenzione per l'anima grande di Pantaleone
facendone un giovane deciso a morire per Cristo. Il proposito di conversione maturato dopo prolungata riflessione, trovò incomprensione risentimento e serio ostacolo in suo padre, attaccatissimo al paganesimo. Ma nell'animo del giovinetto si squarciarono nuovi cieli, cresceva la gioia
nell'ascoltare Ermolao e il desiderio di ricevere il Santo Battesimo.
Il Battesimo
Pantaleone in quell'istante sentì dentro di sé una gioia ineffabilee senza indugio corse dal sacerdote Ermolao; restò sette giorni con lui, che potremmo chiamarli giorni del catecumenato, cioè delle ultime istruzioni in vista del conferimento del battesimo; gli riferì il miracolo ottenuto nel nome di Gesù e chiese con queste parole di essere battezzato:"ti supplico, servo di Dio, dammi il lavacro di immortalità. Ho capito oggi che non c'è altro Dio all'infuori
di Gesù Cristo per il quale i morti risorgono". Ermolao, commosso, abbracciò paternamente Pantaleone e gli amministrò il battesimo, con cui entrò a far parte della Chiesa di Gesù; con accorate e soavi parole gli ricordò la divina grandezza e dignità, cui era stato elevato con il santo battesimo. Giorno
santo e caro fu quello della sua rigenerazione in Cristo! Diventare cristiani a Nicomedia non era una decisione facile! Pantaleone incominciò a partecipare assiduamente alle riunioni della comunità di Nicomedia fondate dall'Apostolo Paolo, il grande convertito, per raggiungere una solida e matura formazione cristiana. Come l'ostrica si aggrappa allo scoglio e non si fa sradicare neppure dalle onde furiose del mare, così Pantaleone si aggrappò a Cristo e non si lasciò mai più sradicare dalla fede cristiana. Il nuovo cristiano Pantaleone ora deve affrontare il mondo che gli sta attorno, sul piano famigliare e professionale, con uno spirito nuovo. Pantaleone da quel giorno fortunato ebbe piena coscienza della sua nuova dignità e volle testimoniarla con generosità nella vita privata e pubblica, perché la luce della verità potesse risplendere davanti agli uomini, secondo il monito di Gesù:
risplenda la vostra luce di fronte agli uomini perché vedano le vostre opere buone. Sostegno e conforto gli veniva dalla promessa di Gesù: "chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli".
di Gesù Cristo per il quale i morti risorgono". Ermolao, commosso, abbracciò paternamente Pantaleone e gli amministrò il battesimo, con cui entrò a far parte della Chiesa di Gesù; con accorate e soavi parole gli ricordò la divina grandezza e dignità, cui era stato elevato con il santo battesimo. Giorno
santo e caro fu quello della sua rigenerazione in Cristo! Diventare cristiani a Nicomedia non era una decisione facile! Pantaleone incominciò a partecipare assiduamente alle riunioni della comunità di Nicomedia fondate dall'Apostolo Paolo, il grande convertito, per raggiungere una solida e matura formazione cristiana. Come l'ostrica si aggrappa allo scoglio e non si fa sradicare neppure dalle onde furiose del mare, così Pantaleone si aggrappò a Cristo e non si lasciò mai più sradicare dalla fede cristiana. Il nuovo cristiano Pantaleone ora deve affrontare il mondo che gli sta attorno, sul piano famigliare e professionale, con uno spirito nuovo. Pantaleone da quel giorno fortunato ebbe piena coscienza della sua nuova dignità e volle testimoniarla con generosità nella vita privata e pubblica, perché la luce della verità potesse risplendere davanti agli uomini, secondo il monito di Gesù:
risplenda la vostra luce di fronte agli uomini perché vedano le vostre opere buone. Sostegno e conforto gli veniva dalla promessa di Gesù: "chi mi riconoscerà davanti agli uomini, anch'io lo riconoscerò davanti al Padre mio che è nei cieli".
La Svolta della Sua Vita
Il Miracolo del Serpente
Il buon seme era stato gettato, ma il campo dell'anima, secondo la parabola evangelica, era ancora occupato da sassi, rovi, sotto il peso dei tanti passanti, cioè di coloro che esercitavano un'autorità morale sulla sua vita, come il padre Eustorgio e il suo maestro Eufrosino entrambi pagani.
Occorreva un segno dal cielo che unitamente alle parole di Ermolao, facesse cadere questo ultimo diaframma fra il suo sentire la novità, la bellezza della vita cristiana, della figura di Cristo e il suo volere un cambiamento di vita. Il miracolo che avvenne nella vita di Pantaleone può per qualche aspetto apparire inverosimile al nostro giudizio e alla nostra sensibilità, ma sostanzialmente dev'essere accolto come vero, perché è presente in ogni racconto
biografico di San Pantaleone ed è considerato da tutti gli autori come determinante per la conversione del Santo. Tornando un giorno dal palazzo imperiale a casa, accadde al giovane medico di imbattersi in un ragazzo che giaceva morto sulla strada dopo essere stato morso da un serpente. La scienza medica di Pantaleone non poté nulla se non constatare la morte; ma nelle parole di fede ascoltate da Ermolao gli era stato presentato Cristo come medico dei corpi e delle anime, un Cristo capace di dare vita anche ai morti, secondo il racconto del Vangelo delle resurrezioni di Lazzaro, del figlio della vedova di Naim, della figlioletta di Giairo, e soprattutto un Cristo vincitore della morte con la propria risurrezione. Pantaleone fu quindi nella condizione intellettuale e spirituale di confrontare le due scienze: quella medica era ormai nell'impossibilità di agire, quella della fede aveva un'altra possibilità. Se Cristo è il Cristo predicato da Ermolao, se Cristo in forza della sua risurrezione è ancora presente e vivo nella vita dei cristiani e della Chiesa, egli può andare oltre i limiti della scienza umana, può quindi far risorgere il ragazzo e far morire il serpente, causa di morte. Pantaleone, pienamente fiducioso nella potenza del nome di Gesù Cristo, pregò così: "Signore Gesù Cristo, se son degno di essere chiamato tuo servo, fai risorgere questo fanciullo e fai morire l'animale" e davanti ai suoi occhi avvenne il miracolo: ritornò a vita il ragazzo e morì il serpente. Cadde ogni esitazione nell'animo di Pantaleone: le verità apprese alla scuola di Ermolao sono divine, Cristo è davvero colui che guarisce anime e corpi, e con il miracolo guarì e liberò Pantaleone dai dubbi dell'intelligenza e dalle remore della volontà.
Il buon seme era stato gettato, ma il campo dell'anima, secondo la parabola evangelica, era ancora occupato da sassi, rovi, sotto il peso dei tanti passanti, cioè di coloro che esercitavano un'autorità morale sulla sua vita, come il padre Eustorgio e il suo maestro Eufrosino entrambi pagani.
Occorreva un segno dal cielo che unitamente alle parole di Ermolao, facesse cadere questo ultimo diaframma fra il suo sentire la novità, la bellezza della vita cristiana, della figura di Cristo e il suo volere un cambiamento di vita. Il miracolo che avvenne nella vita di Pantaleone può per qualche aspetto apparire inverosimile al nostro giudizio e alla nostra sensibilità, ma sostanzialmente dev'essere accolto come vero, perché è presente in ogni racconto
biografico di San Pantaleone ed è considerato da tutti gli autori come determinante per la conversione del Santo. Tornando un giorno dal palazzo imperiale a casa, accadde al giovane medico di imbattersi in un ragazzo che giaceva morto sulla strada dopo essere stato morso da un serpente. La scienza medica di Pantaleone non poté nulla se non constatare la morte; ma nelle parole di fede ascoltate da Ermolao gli era stato presentato Cristo come medico dei corpi e delle anime, un Cristo capace di dare vita anche ai morti, secondo il racconto del Vangelo delle resurrezioni di Lazzaro, del figlio della vedova di Naim, della figlioletta di Giairo, e soprattutto un Cristo vincitore della morte con la propria risurrezione. Pantaleone fu quindi nella condizione intellettuale e spirituale di confrontare le due scienze: quella medica era ormai nell'impossibilità di agire, quella della fede aveva un'altra possibilità. Se Cristo è il Cristo predicato da Ermolao, se Cristo in forza della sua risurrezione è ancora presente e vivo nella vita dei cristiani e della Chiesa, egli può andare oltre i limiti della scienza umana, può quindi far risorgere il ragazzo e far morire il serpente, causa di morte. Pantaleone, pienamente fiducioso nella potenza del nome di Gesù Cristo, pregò così: "Signore Gesù Cristo, se son degno di essere chiamato tuo servo, fai risorgere questo fanciullo e fai morire l'animale" e davanti ai suoi occhi avvenne il miracolo: ritornò a vita il ragazzo e morì il serpente. Cadde ogni esitazione nell'animo di Pantaleone: le verità apprese alla scuola di Ermolao sono divine, Cristo è davvero colui che guarisce anime e corpi, e con il miracolo guarì e liberò Pantaleone dai dubbi dell'intelligenza e dalle remore della volontà.
La Conversione e la Morte del Padre
Conquistato da Cristo alla fede, Pantaleone volle farsi conquistatore di anime; anzitutto volle portare alla fede il padre, Eustorgio. Da lui aveva ricevuto la vita, a lui volle dare una nuova vita, quella della fede in Cristo e della grazia del Battesimo. Parlò al padre con dolcezza e persuasione con profondo senso di rispetto e di amore filiale, nel presentargli la bellezza e la spirituale ricchezza della fede cristiana, la sola che dà la vera libertà all'uomo e la libertà dello spirito, ed è salvezza della vita presente e futura. Come buon lievito Pantaleone doveva fermentare il cuore vuoto del padre nei confronti di Cristo e della religione cristiana. Con l'esempio della sua vita e con la testimonianza della sua parola e della sua fede in Cristo cercò di penetrare nella vita del padre per portarlo a poco a poco ad accogliere la nuova verità proveniente da Cristo e dal Vangelo. Il fascino e il valore della dottrina di Cristo, la vita piena di grande bontà e di convinta fede del figlio esercitarono profonda ammirazione suscitarono riflessione e presa di coscienza ma non maturarono nel dotto genitore la decisione di abbracciare la religione cristiana. Un altro miracolo la guarigione di un cieco sotto gli occhi del padre, fu un'altra volta il segno di un intervento divino per smuovere la forte volontà di Eustorgio. Eustorgio, rimasto attonito da quel miracolo e folgorato da luce divina, non esitò a rinnegare la sua fede. Egli stesso spezzò con disprezzo gli idoli e volle essere battezzato. Il padre, così, compì l'atto di adesione al cristianesimo, distrusse gli idoli pagani presenti nella casa secondo tradizione; quindi il padre e il figlio, insieme al cieco, guarito miracolosamente con la parola e la preghiera di Pantaleone, si recarono da Ermolao che amministrò il battesimo al padre Eustorgio ed al cieco. Eustorgio con il battesimo divenne una creatura nuova. Non molto tempo dopo morì in quella "bella, immortale, benefica fede ai trionfi avvezza". La Passio a questo punto esclama: "muore col corpo, perché dalla morte dell'anima era stato già pienamente liberato per mezzo della fede e del battesimo".
Modello di Carità
Pantaleone, orfano della madre sin dai primi anni e, poco tempo dopo il battesimo, orfano anche del padre, si trovò ad essere erede di tutti i beni familiari e degli schiavi; quindi ricordando le parole di Gesù rivolte al giovane ricco: "se vuoi essere perfetto va, vendi quello che possiedi e dallo ai poveri e avrai un tesoro nel cielo; poi vieni e seguimi" distribuì i suoi averi ai poveri, ai bisognosi, si spogliò di tutte le sue ricchezze per il bene del
prossimo e rese liberi gli schiavi, come riferisce la Passio: "per prima cosa liberò gli schiavi e diede loro sufficiente quantità di denaro; poi si mise a visitare i carcerati, a proteggere i perseguitati, a visitare gli infermi, ad esercitare la professione medica in modo gratuito, sicché pareva non solo il medico delle malattie, ma anche della povertà", dimostrando in questa azione caritativa una grande crescita cristiana. Pantaleone si prepara così al grande salto del martirio, il più grande gesto di carità quando darà il suo corpo per essere immolato come l'Agnello di Dio Gesù Cristo, sacrificato sull'altare della croce, per la salvezza dell'uomo; egli, da ricco, si fa povero: sa che non è "l'avere" che può dare la gioia della vita, ma "l'Essere" e l'essere come Gesù.
prossimo e rese liberi gli schiavi, come riferisce la Passio: "per prima cosa liberò gli schiavi e diede loro sufficiente quantità di denaro; poi si mise a visitare i carcerati, a proteggere i perseguitati, a visitare gli infermi, ad esercitare la professione medica in modo gratuito, sicché pareva non solo il medico delle malattie, ma anche della povertà", dimostrando in questa azione caritativa una grande crescita cristiana. Pantaleone si prepara così al grande salto del martirio, il più grande gesto di carità quando darà il suo corpo per essere immolato come l'Agnello di Dio Gesù Cristo, sacrificato sull'altare della croce, per la salvezza dell'uomo; egli, da ricco, si fa povero: sa che non è "l'avere" che può dare la gioia della vita, ma "l'Essere" e l'essere come Gesù.
L'Invidia e L'Accusa dei Medici
La notizia della guarigione di un cieco corse per la città con grande meraviglia dei medici che, non credendo nelle guarigioni miracolose ebbero motivo di lodare le capacità terapeutiche di Pantaleone e, attraverso lui, del suo maestro Eufrosino. Ma Pantaleone e il cieco sapevano esattamente a quale altro maestro e medico si dovevano indirizzare le lodi, cioè a Cristo. Dopo gli apprezzamenti esplose l'invidia da parte dei medici nei riguardi di un loro collega troppo bravo: la categoria dei medici fu invidiosa perché Pantaleone era un anargiro (colui che opera senza alcuna ricompensa in denaro) e molti ricorrevano a lui per le sue capacità e per il suo disinteresse. Quindi lo accusarono ufficialmente all'imperatore che, molto probabilmente, era Augusto Galerio Massimiano, dopo l'abdicazione di Diocleziano avvenuta il 1 maggio 305. L'accusa era la più facile da fare da parte dei medici e da accogliere da parte dell'autorità: Pantaleone disprezzava gli dei pagani, allontanava molte persone dalla pratica della religione pagana ufficiale, aderiva alla religione di Cristo che era stata severamente e ufficialmente proibita dagli Editti dell'imperatore Diocleziano fin dal febbraio 303 e applicati con estrema durezza dai nuovi capi dell'impero Galerio Massimiano e Massimiano Daia. La convocazione del miracolato davanti all'imperatore, la sua dichiarazione in favore di Pantaleone, la sua professione di fede cristiana comportarono la sua condanna a morte e la chiamata del Taumaturgo davanti a Galerio Massimiano.
Il Giudizio davanti all' Imperatore
Contro Pantaleone venne iniziato un processo, che fu il suo Calvario: i soldati lo prelevarono dall'oscura prigione e lo condussero dinanzi all'Imperatore per il procedimento. Massimiano usò ogni mezzo per dissuadere Pantaleone; nulla lasciò di intentato per convincere il giovane fiero, dotto e nobile Pantaleone ad abiurare la fede cristiana: dapprima con allettanti lusinghe gli prospettò le agiatezze della sua posizione sociale, la gloria, le ricchezze nella qualità di nobile medico di corte; poi gli chiese una prova della sua fedeltà, quella di compiere un sacrificio agli dei pagani, secondo le disposizioni stabiliti dagli editti imperiali. Rifiutarsi significava dare fondamento all'accusa dei medici, anzi l'avrebbe atteso la stessa sorte che da poco era toccata ad Antimo, Vescovo di Nicomedia, cioè la morte. Antimo era un Vescovo già vecchio, e Pantaleone è ancora giovane, non sappiamo di
quale età. Pantaleone, però, immensamente innamorato di Gesù Cristo, illuminato dalla fede, non si lasciò certamente allettare dalle prospettive materialistiche di Massimiano e non compì il sacrificio richiesto pur presagendo di dover affrontare terribili prove a causa della fede. Pertanto ai piaceri, alle ricchezze passeggere preferì la gioia dello spirito, la fedeltà all'amore di Dio e la fede in Gesù Salvatore. Fu allora che l'atteggiamento dei giudici mutò aspetto e tono: invettive, umiliazioni e minacce precedettero le atroci torture per piegare con la sofferenza della carne la forte tempra del fervente cristiano Pantaleone. Pantaleone si ricordò delle profetiche e consolanti parole di Gesù: "Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi, vi trascineranno davanti ai tribunali e vi flagelleranno, e a causa del mio nome sarete condotti ai governatori e ai re per dare testimonianza a loro e ai pagani". Ben fondato e saldo nella fede, con animo sereno e forte si presentò davanti al tiranno, ricordando la promessa del Maestro Divino: "quando
vi consegneranno nelle mani del persecutore, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi".Posto di fronte al drammatico dilemma o rinnegare la propria fede o morire, Pantaleone non ebbe un attimo di incertezza e di esitazione: preferì la fede supremo valore della vita e preludio di quella eterna. Incrollabile nella speranza e saldo nella parola di vita di Gesù: "qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?", all'imperatore minaccioso rispose fermamente con le parole evangeliche: "non temo affatto coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima". Cominciò allora per lui il tremendo e prolungato calvario delle varie e raffinate torture. Fidente solo in Colui che dà forza, sopportò ogni supplizio con quella rassegnazione che il Dio di ogni consolazione gli dava, e con la certezza che "il momentaneo, leggero peso di esse gli procurava una quantità smisurata di eterna gloria". La risposta di Pantaleone fu un'affermazione della verità della fede in Cristo, della potenza di Dio e del suo figlio Gesù, della forza di Cristo nel guarire gli infermi. Dio volle dare un altro segno della sua compiacenza e predilezione verso il giovane, che così eroicamente e generosamente sopportava le terribili prove. Alla sua presenza fu condotto un paralitico per provare le virtù taumaturgiche di Pantaleone, di cui si diceva che guarisse col pronunziare il solo nome del Dio dei cristiani. E il professionista, fidente in colui che tutto può, invocò il nome di N. S. Gesù Cristo sul povero infelice e questi si trovò all'istante sano (da notare che la statua di San Pantaleone che veneriamo a Papanice rappresenta proprio questo miracolo). Tale prodigio, invece di calmare e far ravvedere l'empio tiranno, lo esasperò ancora di più tanto da farlo ricorrere ai supplizi, cioè a quelle pene terribili inflitte dal diritto penale romano a quanti erano giudicati ribelli alle leggi.
quale età. Pantaleone, però, immensamente innamorato di Gesù Cristo, illuminato dalla fede, non si lasciò certamente allettare dalle prospettive materialistiche di Massimiano e non compì il sacrificio richiesto pur presagendo di dover affrontare terribili prove a causa della fede. Pertanto ai piaceri, alle ricchezze passeggere preferì la gioia dello spirito, la fedeltà all'amore di Dio e la fede in Gesù Salvatore. Fu allora che l'atteggiamento dei giudici mutò aspetto e tono: invettive, umiliazioni e minacce precedettero le atroci torture per piegare con la sofferenza della carne la forte tempra del fervente cristiano Pantaleone. Pantaleone si ricordò delle profetiche e consolanti parole di Gesù: "Se hanno perseguitato me perseguiteranno anche voi, vi trascineranno davanti ai tribunali e vi flagelleranno, e a causa del mio nome sarete condotti ai governatori e ai re per dare testimonianza a loro e ai pagani". Ben fondato e saldo nella fede, con animo sereno e forte si presentò davanti al tiranno, ricordando la promessa del Maestro Divino: "quando
vi consegneranno nelle mani del persecutore, non preoccupatevi di come o di che cosa dovrete dire perché vi sarà suggerito in quel momento ciò che dovrete dire: non siete infatti voi a parlare, ma è lo Spirito del Padre vostro che parla in voi".Posto di fronte al drammatico dilemma o rinnegare la propria fede o morire, Pantaleone non ebbe un attimo di incertezza e di esitazione: preferì la fede supremo valore della vita e preludio di quella eterna. Incrollabile nella speranza e saldo nella parola di vita di Gesù: "qual vantaggio infatti avrà l'uomo se guadagnerà il mondo intero, e poi perderà la propria anima?", all'imperatore minaccioso rispose fermamente con le parole evangeliche: "non temo affatto coloro che uccidono il corpo ma non possono uccidere l'anima". Cominciò allora per lui il tremendo e prolungato calvario delle varie e raffinate torture. Fidente solo in Colui che dà forza, sopportò ogni supplizio con quella rassegnazione che il Dio di ogni consolazione gli dava, e con la certezza che "il momentaneo, leggero peso di esse gli procurava una quantità smisurata di eterna gloria". La risposta di Pantaleone fu un'affermazione della verità della fede in Cristo, della potenza di Dio e del suo figlio Gesù, della forza di Cristo nel guarire gli infermi. Dio volle dare un altro segno della sua compiacenza e predilezione verso il giovane, che così eroicamente e generosamente sopportava le terribili prove. Alla sua presenza fu condotto un paralitico per provare le virtù taumaturgiche di Pantaleone, di cui si diceva che guarisse col pronunziare il solo nome del Dio dei cristiani. E il professionista, fidente in colui che tutto può, invocò il nome di N. S. Gesù Cristo sul povero infelice e questi si trovò all'istante sano (da notare che la statua di San Pantaleone che veneriamo a Papanice rappresenta proprio questo miracolo). Tale prodigio, invece di calmare e far ravvedere l'empio tiranno, lo esasperò ancora di più tanto da farlo ricorrere ai supplizi, cioè a quelle pene terribili inflitte dal diritto penale romano a quanti erano giudicati ribelli alle leggi.
Il Martirio
Pantaleone corroborò e temprò il suo spirito nella parola di Dio, per cui poté affrontare le più difficili prove della vita, lottare con intrepida fermezza e vincere la terribile e lunga lotta, che avrà l'epilogo nel glorioso Martirio, massima testimonianza di fede e di amore. Queste furono nell'ordine le pene inflitte a Pantaleone da cui ne uscì sempre vittorioso: Il martire legato al cavalletto che provocò lo stiramento delle membra della vittima designata.
Al corpo di Pantaleone furono avvicinate fiaccole accese. Nel momento della massima sofferenza apparve Cristo in abiti di Ermolao che lo incoraggiò e lo liberò miracolosamente. Venne preparata una caldaia di piombo e in essa fu gettato Pantaleone. Una seconda apparizione di Cristo fece uscire illeso il martire da questa terribile prova fisica. Pantaleone venne gettato nelle acque del mare con al collo una grande pietra. Ma Cristo non abbandonò il testimone della fede in lui e degli angeli lo liberarono misteriosamente dalla pietra e lo riportarono salvo a riva. La "damnatio ad bestias". Nel circo Pantaleone fu messo in balia delle bestie feroci perché nello stesso tempo fosse un occasione di divertimento per la folla che accorreva sempre a questi spettacoli e un motivo di rinsavimento per Pantaleone. Ma poiché Cristo fu un'altra volta presente nelle vesti di Ermolao, le fiere si avvicinarono mansuete a Lui e non gli fecero alcun male. Si preparò una grande ruota a cui venne legato Pantaleone. Rotolando dall'alto della collinetta su cui era costruito il palazzo imperiale, sede anche del tribunale, il giovane avrebbe dovuto tanto soffrire da decidersi ad obbedire agli ordini imperiali e tradire la sua fede. Ma il supplizio per Lui si trasformò in strumento di morte per un gran numero di spettatori. Ora l'imperatore giudice volle sapere da Pantaleone da chi era stato educato alla fede ed avendo saputo che era stato Ermolao, lo mandò a chiamare insieme ai suoi due compagni Ermippo ed Ermocrate. Ma Dio assistette i suoi servi, e una scossa di terremoto manifestò la sua presenza e la sua potenza. Pantaleone minacciò un'altra punizione da parte di Dio, la caduta degli idoli, segno della vittoria della fede cristiana sui segni del paganesimo. E ciò realmente avvenne. A questo punto Galerio Massimiano fece uccidere Ermolao (il corpo si venera a Venezia), Ermippo ed Ermocrate; Pantaleone fu confinato in carcere in attesa di un ritorno in tribunale, quando il giudice nuovamente lusingò con allettanti promesse Pantaleone e, avendolo informato che il suo maestro e i compagni di fede erano stati uccisi, sperava finalmente di piegare la sua resistenza. Per Pantaleone era giunto il momento solenne della prova finale: la scelta suprema tra la fede e la morte: La condanna alla morte di spada, cioè alla decapitazione: fu il momento del martirio in cui il giovane innocente gioì nel suo cuore, perché poté finalmente dare testimonianza completa della sua fedeltà e del suo amore a quel Cristo, che lo aveva spinto al sacrificio della vita con le parole: "non v'è prova maggiore di amore di colui che dà la vita per la persona che ama". Il nostro Pantaleone, che aveva passato la notte in preghiera, attendeva serenamente l'ora del commiato dai fratelli carcerati. Mentre così trascorrevano le ore, un manipolo di soldati entrò nella prigione e lo condusse nella parte occidentale della città di Nicomedia, in un campo di proprietà di Adamanzio, un uomo di legge di Nicomedia; qui venne legato ad un tronco d'olivo per l'esecuzione capitale, ma la spada del soldato si piegò come molle cera. Un altro segno dal cielo manifestò a Pantaleone la presenza di Cristo nel momento culminante del martirio; una voce risuonò dall'alto: "Non sarai chiamato più Pantaleone, ma il tuo nome sarà Panteleimone". Il nuovo nome significa "il misericordioso, colui che ha pietà di tutti"; nella tradizione della chiesa Orientale il Santo è conosciuto e venerato con questo nuovo nome, mentre nella chiesa Occidentale è rimasto il primo nome, comunissimo sia presso i Latini sia presso i Greci. Con un gesto che difficilmente tanti cristiani imitano, Pantaleone pregò insistentemente i soldati perché compissero, anche contro volontà, il loro dovere di colpirlo con la spada secondo gli ordini ricevuti. I soldati quindi si fecero avanti e, dopo aver baciato le sue membra, lo colpirono. Il sangue fluì abbondantemente a rivoli. La terra ne fu inzuppata, ma non riuscì ad assorbirlo tutto perché subito ci fu chi premurosamente lo raccolse, sapendo che era il sangue di un Santo. E la sua anima sfolgorante di eterno splendore, "che aveva superato la grande tribolazione", si involò nel giardino eterno di Dio per ricevere la corona immortale del trionfo. Era il 27 luglio, probabilmente dell'anno 305; essendo nato negli anni dal 275 al 280 Pantaleone doveva avere dai 25 ai 30 anni: e per Pantaleone fu quello il dies natalis, il giorno radioso della nascita alla vita vera ed eterna del cielo.
La chiesa celebra appunto dei Santi non il giorno in cui vennero al mondo, ma il giorno della loro morte: sarà quello il giorno sacro, il giorno del martirio che rimarrà memorando nei secoli. Perciò il nome di Pantaleone "il grande misericordioso", come dal cielo fu chiamato, figura nel famoso Martirologio con la fulgente aureola del martirio. L'attributo "Martire" venne onorificamente riservato a coloro che durante la persecuzione, avevano sigillato la fede con il sangue. Dal sangue di San Pantaleone scaturirà nei secoli la primavera delle grazie, che copiose beneficarono i nostri antenati; abbondanti e continue otteniamo noi, tuoi protetti, o inclito, taumaturgico nostro santo! Dal cielo Pantaleone è una pietra preziosa nell'edificio della Chiesa trionfante con la sua grande santità. Ci comunichi San Pantaleone il suo grande ideale, Gesù Cristo. In questa vita dobbiamo conoscere, amare e servire Gesù Cristo; così nell'aldilà si gode eternamente Dio, il bene supremo che fa impallidire ogni altro bene. Di molti antichi Martiri non esistono documenti contemporanei del martirio, ma semplicemente dei racconti con notizie del loro martirio e spesso della loro vita antecedente, dette Passiones. La "Passio" di San Pantaleone esiste e fu scritta in greco; ne abbiamo un'antica traduzione in latino più volte pubblicata. È ben difficile
stabilire la data della sua composizione. Da autorevoli studiosi è stata attribuita a Simone Metafraste, il quale fra gli anni 961-964 raccolse molte notizie sui martiri.
Al corpo di Pantaleone furono avvicinate fiaccole accese. Nel momento della massima sofferenza apparve Cristo in abiti di Ermolao che lo incoraggiò e lo liberò miracolosamente. Venne preparata una caldaia di piombo e in essa fu gettato Pantaleone. Una seconda apparizione di Cristo fece uscire illeso il martire da questa terribile prova fisica. Pantaleone venne gettato nelle acque del mare con al collo una grande pietra. Ma Cristo non abbandonò il testimone della fede in lui e degli angeli lo liberarono misteriosamente dalla pietra e lo riportarono salvo a riva. La "damnatio ad bestias". Nel circo Pantaleone fu messo in balia delle bestie feroci perché nello stesso tempo fosse un occasione di divertimento per la folla che accorreva sempre a questi spettacoli e un motivo di rinsavimento per Pantaleone. Ma poiché Cristo fu un'altra volta presente nelle vesti di Ermolao, le fiere si avvicinarono mansuete a Lui e non gli fecero alcun male. Si preparò una grande ruota a cui venne legato Pantaleone. Rotolando dall'alto della collinetta su cui era costruito il palazzo imperiale, sede anche del tribunale, il giovane avrebbe dovuto tanto soffrire da decidersi ad obbedire agli ordini imperiali e tradire la sua fede. Ma il supplizio per Lui si trasformò in strumento di morte per un gran numero di spettatori. Ora l'imperatore giudice volle sapere da Pantaleone da chi era stato educato alla fede ed avendo saputo che era stato Ermolao, lo mandò a chiamare insieme ai suoi due compagni Ermippo ed Ermocrate. Ma Dio assistette i suoi servi, e una scossa di terremoto manifestò la sua presenza e la sua potenza. Pantaleone minacciò un'altra punizione da parte di Dio, la caduta degli idoli, segno della vittoria della fede cristiana sui segni del paganesimo. E ciò realmente avvenne. A questo punto Galerio Massimiano fece uccidere Ermolao (il corpo si venera a Venezia), Ermippo ed Ermocrate; Pantaleone fu confinato in carcere in attesa di un ritorno in tribunale, quando il giudice nuovamente lusingò con allettanti promesse Pantaleone e, avendolo informato che il suo maestro e i compagni di fede erano stati uccisi, sperava finalmente di piegare la sua resistenza. Per Pantaleone era giunto il momento solenne della prova finale: la scelta suprema tra la fede e la morte: La condanna alla morte di spada, cioè alla decapitazione: fu il momento del martirio in cui il giovane innocente gioì nel suo cuore, perché poté finalmente dare testimonianza completa della sua fedeltà e del suo amore a quel Cristo, che lo aveva spinto al sacrificio della vita con le parole: "non v'è prova maggiore di amore di colui che dà la vita per la persona che ama". Il nostro Pantaleone, che aveva passato la notte in preghiera, attendeva serenamente l'ora del commiato dai fratelli carcerati. Mentre così trascorrevano le ore, un manipolo di soldati entrò nella prigione e lo condusse nella parte occidentale della città di Nicomedia, in un campo di proprietà di Adamanzio, un uomo di legge di Nicomedia; qui venne legato ad un tronco d'olivo per l'esecuzione capitale, ma la spada del soldato si piegò come molle cera. Un altro segno dal cielo manifestò a Pantaleone la presenza di Cristo nel momento culminante del martirio; una voce risuonò dall'alto: "Non sarai chiamato più Pantaleone, ma il tuo nome sarà Panteleimone". Il nuovo nome significa "il misericordioso, colui che ha pietà di tutti"; nella tradizione della chiesa Orientale il Santo è conosciuto e venerato con questo nuovo nome, mentre nella chiesa Occidentale è rimasto il primo nome, comunissimo sia presso i Latini sia presso i Greci. Con un gesto che difficilmente tanti cristiani imitano, Pantaleone pregò insistentemente i soldati perché compissero, anche contro volontà, il loro dovere di colpirlo con la spada secondo gli ordini ricevuti. I soldati quindi si fecero avanti e, dopo aver baciato le sue membra, lo colpirono. Il sangue fluì abbondantemente a rivoli. La terra ne fu inzuppata, ma non riuscì ad assorbirlo tutto perché subito ci fu chi premurosamente lo raccolse, sapendo che era il sangue di un Santo. E la sua anima sfolgorante di eterno splendore, "che aveva superato la grande tribolazione", si involò nel giardino eterno di Dio per ricevere la corona immortale del trionfo. Era il 27 luglio, probabilmente dell'anno 305; essendo nato negli anni dal 275 al 280 Pantaleone doveva avere dai 25 ai 30 anni: e per Pantaleone fu quello il dies natalis, il giorno radioso della nascita alla vita vera ed eterna del cielo.
La chiesa celebra appunto dei Santi non il giorno in cui vennero al mondo, ma il giorno della loro morte: sarà quello il giorno sacro, il giorno del martirio che rimarrà memorando nei secoli. Perciò il nome di Pantaleone "il grande misericordioso", come dal cielo fu chiamato, figura nel famoso Martirologio con la fulgente aureola del martirio. L'attributo "Martire" venne onorificamente riservato a coloro che durante la persecuzione, avevano sigillato la fede con il sangue. Dal sangue di San Pantaleone scaturirà nei secoli la primavera delle grazie, che copiose beneficarono i nostri antenati; abbondanti e continue otteniamo noi, tuoi protetti, o inclito, taumaturgico nostro santo! Dal cielo Pantaleone è una pietra preziosa nell'edificio della Chiesa trionfante con la sua grande santità. Ci comunichi San Pantaleone il suo grande ideale, Gesù Cristo. In questa vita dobbiamo conoscere, amare e servire Gesù Cristo; così nell'aldilà si gode eternamente Dio, il bene supremo che fa impallidire ogni altro bene. Di molti antichi Martiri non esistono documenti contemporanei del martirio, ma semplicemente dei racconti con notizie del loro martirio e spesso della loro vita antecedente, dette Passiones. La "Passio" di San Pantaleone esiste e fu scritta in greco; ne abbiamo un'antica traduzione in latino più volte pubblicata. È ben difficile
stabilire la data della sua composizione. Da autorevoli studiosi è stata attribuita a Simone Metafraste, il quale fra gli anni 961-964 raccolse molte notizie sui martiri.
La Venerazione del Santo
La Chiesa Cattolica ha avuto sempre, nel corso dei secoli, il culto come apice verso cui culmina la sua azione. La Chiesa tributa ai Santi un culto di venerazione e di lode, in quanto strettamente uniti a Dio, per Cristo. Con la sepoltura terminava la vita terrena del santo medico Pantaleone ed iniziava un'altra vita sotto un duplice aspetto: teologico perché il santo vive della vita di Dio; devozionale perché il santo vive nella e della vita della chiesa. Se la storia e la tradizione non ci hanno trasmesso la biografia completa del Santo, la gloria del suo martirio ha valicato lo spazio circoscritto in cui visse ed operò, per imporlo alla fervida e universale ammirazione. Veneratissimo nell'antichità e nel medioevo, in Oriente ed Occidente, considerato il Protettore dei medici e dei sofferenti di emicrania. La devozione al Celeste Medico si diffuse in molte parti del mondo, grazie alle tante reliquie e alle tante
chiese costruite in suo onore, ottenendo alle innumerevoli folle di devoti ogni genere di grazie corporali e spirituali. In Oriente Il culto di questo glorioso Martire si diffuse ben presto in tutta la Chiesa Orientale. Con l'avvento di Costantino sul trono imperiale di Nicomedia, che emanò l'editto di Milano, febbraio 313 il cristianesimo ebbe piena libertà. Le tombe dei martiri divennero i luoghi sacri delle assemblee cristiane; il giorno anniversario del martirio divenne la festa della comunità cristiana. Chiese e Monasteri costruiti o sulle tombe dei martiri o per custodire reliquie dei martiri furono il segno di una presenza del martire nella vita della chiesa. Nell'anno 330 Nicomedia dovette cedere il rango di capitale dell'impero alla nuova città di Costantinopoli in cui, nei successivi tre secoli cristiani, si costruirono diverse chiese in onore di San Pantaleone. E tanto fu l'onore di cui fu circondata la figura del martire che al nome di Pantaleone, nella chiesa greca, viene aggiunto la particolare qualifica di megalomartus cioè grande martire. Nella città di Nicomedia, al tempo di Costantino il Grande, si ergeva una Chiesa dedicata al nostro Santo. Un Convento dedicato a San Pantaleone fu edificato a Costantinopoli dall'Imperatrice Teodora, moglie di Giustiniano, verso il 500. Il culto si diffuse rapidamente anche in occidente: in Italia, in Francia, in Spagna e in Germania. Col passare del tempo la devozione a San Pantaleone si è un po’ diffusa dappertutto; ma ovunque è arrivata ci sono stati uomini e donne che l'hanno impiantato e hanno fatto sì che essa lievitasse. Per comprendere come la figura di San Pantaleone e la sua devozione, tipica della Chiesa orientale Greca, sia passata con una straordinaria diffusione nella chiesa dell'occidente di tradizioni latine e romane, bisogna far riferimento ad un fenomeno storico-religioso che si chiama Iconoclastia. Motivi politici e religiosi portarono l'imperatore d'oriente Leone III a sostenere con una precisa legislazione una corrente di pensiero religioso che vedeva nel culto delle immagini sacre, che illustravano i misteri della fede, statue, pitture, mosaici, quindi anche le immagini dei santi, una illecita concessione al paganesimo. Dapprima l'imperatore ordinò l'allontanamento dalle chiese di ogni immagine;, in seguito la distruzione delle stesse immagini. Un'azione ancora più energica svolse il successore Costantino V, che convocò un sinodo a Costantinopoli nel quale il culto delle immagini fu dichiarato opera di satana e nuova idolatria. Quest'azione imperiale durò, con qualche interruzione, fino a quando l'imperatrice Teodora reggente per il figlio Michele III, minorenne, convocò un altro sinodo a Costantinopoli, nel quale si rimise in vigore il culto delle immagini e si stabilì a perenne ricordo la "grande festa dell'ortodossia", festa che si celebra ancora oggi nella chiesa orientale. Nella grande lotta, che ebbe momenti di autentica persecuzione, specialmente nei riguardi dei monaci, maestri spirituali del popolo e sostenitori del valore educativo delle immagini nella vita religiosa gli imperatori confiscarono le proprietà dei monasteri e mandarono in esilio molti monaci. Nel loro pellegrinare verso l'occidente questi monaci portarono con sé le loro devozioni, fra le quali anche quella al grande martire Pantaleone. Uno dei luoghi di raccolta di questi monaci orientali fu l'Isola di Mozia (Trapani) che ancora oggi ha come patrono San Pantaleone. I luoghi di culto Nella Chiesa Greca la devozione a San Pantaleone è presente soprattutto al monte Athos dove, fra i venti monasteri, ha una particolare dignità artistica il Monastero di San Pantaleone sulla costa orientale della penisola. Ad Atene esiste la grande chiesa di San Pantaleone. In Italia sono da ricordare come significativi luoghi di devozione: Papanice (KR), Crema (CR), l'Isola di Mozia (TP) , Capua, (chiesa di Sant'Angelo in Formis (Caserta); Venezia (Basilica di S. Marco e Chiesa di San Pantaleone); Roma (chiesa di S. Pantaleo e chiesa di S. Maria Antiqua in cui c'è un'immagine del santo al tempo di Papa Giovanni VII, papa orientale anno 705); Ravello e Vallo della Lucania (SA); Macomer e S. Pantaleo di Olbia (SS); Lanciano e Miglianico (CH); Vinci (FI); Limbadi e Papaglionti (VV); Montauro e Santa Caterina dello Ionio (CZ); Surbo e Martignano (LE); Santa Caterina Albanese (CS);
Borgo Montoro Inferiore (AV); Serrata e Delianuova (RC); Cortemilia (CN); Genova; Canata di Ranzo (IM); Novara; Courmayeur e tre altre parrocchie della Val d'Aosta. In Germania a Colonia è documentata una grande devozione a S. Pantaleone. In Spagna a Madrid e in Argentina. È da notare che le notizie qui riportate sul culto a San Pantaleone sono limitate alle regioni occidentali di rito latino, e quasi esclusivamente all'Italia per quanto riguarda le chiese a lui dedicate e le città di cui è protettore. In Oriente San Pantaleone è venerato specialmente nelle numerose nazioni e Chiese che seguono il rito Bizantino-Greco. Sono in pratica tutte le regioni attorno al Mar Nero di Marmora, Egeo, Rosso. La Grecia, l'Asia Minore, l'ex
Cecoslovacchia, la Romania; città della Polonia, dell'ex Jugoslavia, della Siria e Palestina, del Libano e dell'Egitto, la Russia e la Chiesa Patriarcale di Costantinopoli cantano le glorie del Martire. In questi popoli il culto di San Pantaleone ha lasciato una profonda e duratura influenza, più benefica di qualunque altra cosa.
chiese costruite in suo onore, ottenendo alle innumerevoli folle di devoti ogni genere di grazie corporali e spirituali. In Oriente Il culto di questo glorioso Martire si diffuse ben presto in tutta la Chiesa Orientale. Con l'avvento di Costantino sul trono imperiale di Nicomedia, che emanò l'editto di Milano, febbraio 313 il cristianesimo ebbe piena libertà. Le tombe dei martiri divennero i luoghi sacri delle assemblee cristiane; il giorno anniversario del martirio divenne la festa della comunità cristiana. Chiese e Monasteri costruiti o sulle tombe dei martiri o per custodire reliquie dei martiri furono il segno di una presenza del martire nella vita della chiesa. Nell'anno 330 Nicomedia dovette cedere il rango di capitale dell'impero alla nuova città di Costantinopoli in cui, nei successivi tre secoli cristiani, si costruirono diverse chiese in onore di San Pantaleone. E tanto fu l'onore di cui fu circondata la figura del martire che al nome di Pantaleone, nella chiesa greca, viene aggiunto la particolare qualifica di megalomartus cioè grande martire. Nella città di Nicomedia, al tempo di Costantino il Grande, si ergeva una Chiesa dedicata al nostro Santo. Un Convento dedicato a San Pantaleone fu edificato a Costantinopoli dall'Imperatrice Teodora, moglie di Giustiniano, verso il 500. Il culto si diffuse rapidamente anche in occidente: in Italia, in Francia, in Spagna e in Germania. Col passare del tempo la devozione a San Pantaleone si è un po’ diffusa dappertutto; ma ovunque è arrivata ci sono stati uomini e donne che l'hanno impiantato e hanno fatto sì che essa lievitasse. Per comprendere come la figura di San Pantaleone e la sua devozione, tipica della Chiesa orientale Greca, sia passata con una straordinaria diffusione nella chiesa dell'occidente di tradizioni latine e romane, bisogna far riferimento ad un fenomeno storico-religioso che si chiama Iconoclastia. Motivi politici e religiosi portarono l'imperatore d'oriente Leone III a sostenere con una precisa legislazione una corrente di pensiero religioso che vedeva nel culto delle immagini sacre, che illustravano i misteri della fede, statue, pitture, mosaici, quindi anche le immagini dei santi, una illecita concessione al paganesimo. Dapprima l'imperatore ordinò l'allontanamento dalle chiese di ogni immagine;, in seguito la distruzione delle stesse immagini. Un'azione ancora più energica svolse il successore Costantino V, che convocò un sinodo a Costantinopoli nel quale il culto delle immagini fu dichiarato opera di satana e nuova idolatria. Quest'azione imperiale durò, con qualche interruzione, fino a quando l'imperatrice Teodora reggente per il figlio Michele III, minorenne, convocò un altro sinodo a Costantinopoli, nel quale si rimise in vigore il culto delle immagini e si stabilì a perenne ricordo la "grande festa dell'ortodossia", festa che si celebra ancora oggi nella chiesa orientale. Nella grande lotta, che ebbe momenti di autentica persecuzione, specialmente nei riguardi dei monaci, maestri spirituali del popolo e sostenitori del valore educativo delle immagini nella vita religiosa gli imperatori confiscarono le proprietà dei monasteri e mandarono in esilio molti monaci. Nel loro pellegrinare verso l'occidente questi monaci portarono con sé le loro devozioni, fra le quali anche quella al grande martire Pantaleone. Uno dei luoghi di raccolta di questi monaci orientali fu l'Isola di Mozia (Trapani) che ancora oggi ha come patrono San Pantaleone. I luoghi di culto Nella Chiesa Greca la devozione a San Pantaleone è presente soprattutto al monte Athos dove, fra i venti monasteri, ha una particolare dignità artistica il Monastero di San Pantaleone sulla costa orientale della penisola. Ad Atene esiste la grande chiesa di San Pantaleone. In Italia sono da ricordare come significativi luoghi di devozione: Papanice (KR), Crema (CR), l'Isola di Mozia (TP) , Capua, (chiesa di Sant'Angelo in Formis (Caserta); Venezia (Basilica di S. Marco e Chiesa di San Pantaleone); Roma (chiesa di S. Pantaleo e chiesa di S. Maria Antiqua in cui c'è un'immagine del santo al tempo di Papa Giovanni VII, papa orientale anno 705); Ravello e Vallo della Lucania (SA); Macomer e S. Pantaleo di Olbia (SS); Lanciano e Miglianico (CH); Vinci (FI); Limbadi e Papaglionti (VV); Montauro e Santa Caterina dello Ionio (CZ); Surbo e Martignano (LE); Santa Caterina Albanese (CS);
Borgo Montoro Inferiore (AV); Serrata e Delianuova (RC); Cortemilia (CN); Genova; Canata di Ranzo (IM); Novara; Courmayeur e tre altre parrocchie della Val d'Aosta. In Germania a Colonia è documentata una grande devozione a S. Pantaleone. In Spagna a Madrid e in Argentina. È da notare che le notizie qui riportate sul culto a San Pantaleone sono limitate alle regioni occidentali di rito latino, e quasi esclusivamente all'Italia per quanto riguarda le chiese a lui dedicate e le città di cui è protettore. In Oriente San Pantaleone è venerato specialmente nelle numerose nazioni e Chiese che seguono il rito Bizantino-Greco. Sono in pratica tutte le regioni attorno al Mar Nero di Marmora, Egeo, Rosso. La Grecia, l'Asia Minore, l'ex
Cecoslovacchia, la Romania; città della Polonia, dell'ex Jugoslavia, della Siria e Palestina, del Libano e dell'Egitto, la Russia e la Chiesa Patriarcale di Costantinopoli cantano le glorie del Martire. In questi popoli il culto di San Pantaleone ha lasciato una profonda e duratura influenza, più benefica di qualunque altra cosa.
La Statua
La statua lignea del Medico e Martire San Pantaleone, ricoperta da un sottile strato di gesso, venerata a Papanice e conservata nella chiesa Parrocchiale dei SS. AA. Pietro e Paolo, collocata in una nicchia al centro dell'altare maggiore raffigura il Santo che dà la guarigione al paralitico inginocchiato ai suoi piedi. Il volto molto giovanile e delicato esprime grande tenerezza e dolcezza, mentre le braccia esprimono umile servizio e sentimenti di pietà e di misericordia. Nel complesso è una statua imponente che attira subito lo sguardo di tutti.
La Mitologia
Secondo una certa leggenda, che si è trasmessa nel tempo oralmente tra il popolo, l'arrivo della statua di San Pantaleone a Papanice è legata a questo fatto: un giorno la statua venne trovata sulle rive del mare di Crotone e alcuni crotonesi la volevano trasportare in una chiesa della città ma non riuscirono neanche a sollevarla; per questo chiamarono altre persone per tentare nuovamente, ma si accorsero ben presto che erano inutili gli sforzi che facevano, perché la statua ancora di più diventava pesante e inamovibile. Venuto a sapere la cosa i cittadini di Papanice andarono per provare di trasportare la statua nel proprio paese; e con la sorpresa di tutti, la statua si fece tanto leggera che i cittadini di Papanice, senza alcuna difficoltà, poterono trasportarla nella loro chiesa fra la gioia di tutto il popolo. A questa tradizione è legata non solo la venuta della statua a Papanice, ma anche l'inizio della venerazione di essa tra i fedeli.
La Festa
La festa Patronale di San Pantaleone, fino alla fine degli anni '80, si celebrava il 27 aprile come festa "principale", in cui vi erano festeggiamenti religiosi e civili; mentre il 27 luglio, giorno proprio del Martirio del Santo veniva celebrata soltanto la festa liturgica. Questo ordine di date venne poi cambiato perché la tradizione di celebrare la festa ad aprile perse il suo fondamento che era legato non tanto a un ricordo particolare dell'intervento del Santo per la comunità ma ad un tempo in cui la popolazione, libera dai lavori campestri, era esclusivamente intenta alla vendita dei prodotti agricoli, come piselli, fave ecc., per il cui guadagno poteva dare il proprio contributo per la festa. Venendo a cadere ogni precedente motivazione, si è preferito spostare la festa del Patrono al 27 luglio, sia per darci un significato prettamente religioso, volendo ricordare il Santo nel giorno del martirio, cioè della sua nascita al cielo, e sia per dare l'occasione agli emigrati di partecipare alla festa. La festa di San Pantaleone si celebra già da diversi anni il 25-26-27 luglio con una Novena di preghiera e di riflessione e con manifestazioni civili. Si fanno due processioni: il 25 luglio con una fiaccolata e il 27 luglio in forma più solenne, nella quale molti bambini indossano lo stesso abito del Santo. Lungo il percorso della processione vengono appesi ai balconi le coperte più belle e alcune di queste hanno l'immagine ricamata di San Pantaleone. È una festa che coinvolge non solo i fedeli della comunità parrocchiale del paese ma anche molta gente dei paesi vicini, i quali si affollano ogni anno dinnanzi alla Statua di San Pantaleone ed elevano lode, riconoscenza e ringraziamento e si prostrano riverenti per chiedere grazie e favori. "Il Misericordioso" come dal cielo venne proclamato nel
giorno del Martirio, continua ad effondere grazie ed aiuti su quanti si rivolgono a Lui, come "all'amico fedele, al forte protettore, al medico per questa
e l'altra vita".
giorno del Martirio, continua ad effondere grazie ed aiuti su quanti si rivolgono a Lui, come "all'amico fedele, al forte protettore, al medico per questa
e l'altra vita".
San Pantaleone Borgo di Montoro (AV)
San Pantaleone vive sempre in mezzo a noi con il suo spirito e con la reliquia dell'Osso; si può applicare a lui la bella frase del poeta Ugo Foscolo: è il Martire della sua patria ma, per l'amore e per la presenza del suo spirito e dell'Osso del suo corpo, è nostro. In armonia con tante bellezze di cielo, di terra, dai cuori si eleva un solenne e giocondo inno che canta il trionfo, la gloria del Martire e il vanto di Papanice. San Pantaleone, che questo paese elesse come suo trono di grazia e di gloria, è per tutti difesa ed esempio per una vera vita cristiana; confronto continuo tra la sua e la nostra fede. Sia Egli la nostra guida sicura nel tormentato salire verso il cielo.
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